"Il
Camposanto di Genova, nel pieno e vero senso della parola, è un museo
dell'arte borghese della seconda metà del secolo scorso. Il Père
Lachaise e l'Albert Memorial sono nulla al confronto e la loro
scomparsa non sarebbe una perdita grave fino a quando questa collezione
esisterà" [Waugh, A Tourist in Africa, London 1960]
Friedrich Nietzsche, Guy de Maupassant, Mark Twain, Evelyn Waugh, il
pittore russo Ilja Repin, l'imperatrice Elisabetta d'Austria (la famosa
Sissi) e l'imperatore del Brasile sono solo alcuni dei personaggi
storici, letterati, viaggiatori, artisti, filosofi, che hanno lasciato
testimonianze delle visite a Staglieno e del loro peregrinare lungo le
grandi gallerie monumentali, o fra i folti viali lungo la collina che
fa da sfondo pittoresco al cimitero. Tutti, pur con giudizi diversi, ricordano la grande impressione e il
fascino di questo luogo di memorie pubbliche e private, in cui la
volontà monumentale si unisce, inscindibilmente, alla suggestione
'romantica' del paesaggio, in un intreccio strettissimo fra monumento,
architetture, memorie storiche e natura. Il cimitero, nato a metà del secolo e sviluppatosi con grande intensità
rappresentativa fino a dopo la prima guerra mondiale, segue con
perfetto parallelismo storico e culturale vicende, ideali, idea stessa
della vita di una classe in ascesa, la borghesia: dai momenti della
massima crescita fino alle crisi di identità che segnano la sua storia
negli ultimi decenni dell'Ottocento e nei primi del Novecento. I linguaggi artistici di oltre un secolo, dal neoclassicismo, al
realismo (in una delle forme più caratterizzate e iperdescrittive che
si riscontrino in tutto il contesto europeo del realismo borghese),
fino al simbolismo e al liberty, al déco, e oltre vi si sono succeduti,
dando vita a una scuola di scultori le cui opere si sono diffuse ben
oltre i confini regionali e nazionali: da Santo Varni a Giulio
Monteverde, Augusto Rivalta, Lorenzo Orengo, Federico Fabiani, Domenico
Carli, Pietro Costa, fino a Edoardo De Albertis, Eugenio Baroni e altri. Ma, allo stesso tempo, ha costituito - per la sua imponente dimensione
monumentale - un richiamo forte per noti artisti italiani, da Leonardo
Bistolfi (che vi ha lasciato opere particolarmente importanti), a
Ettore Ximenes, Pietro Canonica, Edoardo Rubino, Francesco Messina, per
citarne solo alcuni. Nel tempo Staglieno è diventato così una delle testimonianze fra le più
rilevanti ed organiche, all'interno della cultura occidentale, della
società fra metà Ottocento e inizi Novecento: anche perché, non bisogna
dimenticarlo, borghesia e aristocrazia liguri dell'epoca, per la loro
proiezione in una dimensione economica e imprenditoriale mondiale, sono
più rappresentative dei modelli di gusto e comportamenti delle classi
egemoni del tempo. Staglieno è oggi il grande museo dell'immaginario e dei processi di
automemorizzazione della cultura di questa società, capace - nella
forte coscienza che ha della propria 'modernità' e nella profonda
fiducia in un futuro progressivo - di proporre modelli particolarmente
rappresentativi, tanto nelle strutture architettoniche quanto nelle
immagini scultoree, che hanno trovato fortuna ben fuori Genova e
Liguria, in Europa e nelle Americhe.
[Tratto dal sito del Comune di Genova ]
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