L' orto della parola | ||
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![]() Lo stesso Orto della parola è un omaggio, alla poesia e alla canzone d'autore. O meglio: ai suoi massimi interpreti della Liguria. Così l'Orto altro non può essere che metafora, metafora di una realtà che si materializza in un ampio locale al primo piano della Comunità montana della Val Trebbia, dove è stato fedelmente ricostruito un bar fine anni Cinquanta, a richiamare quel "baretto della Foce" in cui - leggenda o verità, che importa? - nacque la "scuola genovese" dei cantautori. Metafora, si diceva, ma non solo: l'orto fa riferimento a quello della famiglia Barbieri in cui Giorgio Caproni trascorreva i pomeriggi, durante le sue ultime estati in val Trebbia. E scriveva. Almeno due sono le poesie dedicate all'orto, una delle quali ancora inedita.L'orto-baretto non è ricostruzione tout-court: il juke-box (corpo antico, anima attuale) propone i migliori ed antologici dei cantautori genovesi, mentre le mensole alle spalle del bancone non espongono bottiglie ma libri: libri di poesia, saggi, spartiti, da ordinare al cameriere e "consumare" comodamente seduti al tavolino. Non manca la tivù, appoggiata su un trespolone: solo lo schermo non è più bombato, ma ultrapiatto, a rendere immagini e musiche di concerti e documentari.Un bar-mediateca? Non solo: «L'Orto della parola è un luogo in cui coltivare la poesia, luogo di incontro e di incontri, aperto a tutti e con la possibilità di ospitare anche reading e concerti. Perché se è vero, come è vero, che la poesia e la musica d'autore hanno rappresentato il meglio della cultura ligure del Novecento, allora teniamocela cara, questa cultura, divulghiamola, facciamola conoscere, al turista come al ligure». Così Federico Marenco, vicepresidente della Comunità montana Alta Val Trebbia, che fortemente ha voluto questo progetto: «L'idea è nata insieme all'editore Fabrizio Càlzia, (casa editrice Galata), che ha pubblicato in primavera "Parchi dì parole". Ho letto il libro che, editorialmente parlando, mi è sembrata la prima, vera, concreta realizzazione di quella "Genova città dei cantautori" di cui sempre più si parla. Così ci siamo sentiti. Ed è nato un progetto che intende riportare la poesia alle sue radici, in Loco», la frazione oltre Montebruno in cui Caproni aveva casa ed è sepolto. A prima vista potrà sembrare bizzarro imbattersi, nell'orto-baretto, in una piccola altalena per bambini (vietato salirci, però: questioni di sicurezza) e in quei gerani raccolti in un insolito vaso, rappresentato da un elmetto militare tedesco: «L'altalena è ripresa da Ho visto Nina volare, di Fabrizio De André, e lei, la Nina, altri non era che la compagna di giochi di Faber alla Cascina, per l'appunto, dell'Orto, nell'Astigiano, dove i De André erano sfollati in tempo di guerra», commenta Marenco.Il lavoro di Galata è stato affiancato da Clivio Cangemi, scenografo e regista cinematografico, alle prese con il cortometraggio "Ballo a Fontanigorda", tratto dall'omonimo racconto di Bruno Morchio/Bacci Pagano. (Articolo tratto da "Il Secolo XIX" del 3.8.2007) Per informazioni sugli orari di apertura e di visita Tel. 010 95029
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