L' orto della parola
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montebruno.gifC'è stato un appuntamento spe­ciale, domenica 5 agosto 2007, lontano dal caldo della Riviera, immersi nel verde di Montebruno, in val Trebbia: si è inau­gurato l'Orto della parola, e anche l'ora­rio prescelto non potrebbe - data la stagione ma soprattutto, conside­rando l'argomento - essere stato più azzec­cato: le cinque della sera, orario che evoca non solo tè e pasticcini ma in particolare la Poesia: las cinco de la tarde, ovvero l'omaggio a Federico Garcia Lorca, uno fra i maggiori poeti del Novecento.
Lo stesso Orto della parola è un omaggio, alla poesia e alla canzone d'autore. O meglio: ai suoi massimi in­terpreti della Liguria. Così l'Orto altro non può essere che metafora, meta­fora di una realtà che si materializza in un ampio locale al primo piano della Comunità montana della Val Trebbia, dove è stato fedelmente ricostruito un bar fine anni Cinquanta, a richiamare quel "baretto della Foce" in cui - leggenda o verità, che importa? - nacque la "scuola genovese" dei can­tautori. Metafora, si diceva, ma non solo: l'orto fa riferimento a quello della famiglia Barbieri in cui Giorgio Caproni trascorreva i pomeriggi, du­rante le sue ultime estati in val Treb­bia. E scriveva. Almeno due sono le poesie dedicate all'orto, una delle quali ancora inedita.L'orto-baretto non è ricostruzione tout-court: il juke-box (corpo antico, anima attuale) propone i migliori ed antologici dei cantautori genovesi, mentre le mensole alle spalle del ban­cone non espongono bottiglie ma libri: libri di poesia, saggi, spartiti, da ordinare al cameriere e "consumare" comodamente seduti al tavolino. Non manca la tivù, appoggiata su un trespolone: solo lo schermo non è più bombato, ma ultrapiatto, a rendere immagini e musiche di concerti e documentari.Un bar-mediateca? Non solo: «L'Orto della parola è un luogo in cui coltivare la poesia, luogo di incontro e di incontri, aperto a tutti e con la pos­sibilità di ospitare anche reading e concerti. Perché se è vero, come è vero, che la poesia e la musica d'autore hanno rappresentato il meglio della cultura ligure del Novecento, allora teniamocela cara, questa cultura, di­vulghiamola, facciamola conoscere, al turista come al ligure». Così Federico Marenco, vicepresidente della Comu­nità montana Alta Val Trebbia, che fortemente ha voluto questo pro­getto: «L'idea è nata insieme all'edi­tore Fabrizio Càlzia, (casa editrice Galata), che ha pubblicato in primavera "Parchi dì parole". Ho letto il libro che, editorialmente parlando, mi è sembrata la prima, vera, concreta realizzazione di quella "Genova città dei cantautori" di cui sempre più si parla. Così ci siamo sentiti. Ed è nato un progetto che intende riportare la poesia alle sue radici, in Loco», la frazione oltre Montebruno in cui Ca­proni aveva casa ed è sepolto. A prima vista potrà sembrare bizzarro imbat­tersi, nell'orto-baretto, in una piccola altalena per bambini (vietato salirci, però: questioni di sicurezza) e in quei gerani raccolti in un insolito vaso, rappresentato da un elmetto militare te­desco: «L'altalena è ripresa da Ho visto Nina volare, di Fabrizio De André, e lei, la Nina, altri non era che la compagna di giochi di Faber alla Ca­scina, per l'appunto, dell'Orto, nell'Astigiano, dove i De André erano sfollati in tempo di guerra», com­menta Marenco.Il lavoro di Galata è stato affiancato da Clivio Cangemi, scenografo e regi­sta cinematografico, alle prese con il cortometraggio "Ballo a Fontanigorda", tratto dall'omonimo racconto di Bruno Morchio/Bacci Pagano.
(Articolo tratto da "Il Secolo XIX" del 3.8.2007)

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