Il 23 rosso
Stampa E-mail
logo_carolina
soziglia meridianaPer chi volesse fare una puntata sul 23 rosso, al posto della roulette, in un vicolo che scende da via Garibaldi e striscia fino all'omonima piazza (della Posta Vecchia), c'è una bottega che da 32 anni apre gli scuri ai viandanti e li riveste di nuove soluzioni: si chiama "Ciacchi", ed è il negozio di abiti usati - o come usa dire oggi (ché fa più figo) "vintage" - gestito dalla comunità di San Benedetto al Porto, la creatura di Don Gallo.

Una bottega di antica tradizione che alberga le speranze di chi entra non nelle volte celesti ma in quelle bianche, di gesso, che le fanno da controsoffitto; dalle nove alle dodici e trenta, e dalle sedici alle diciannove e trenta, un viavai di persone popola le sue due sale in cui pile di abiti smessi - usati, nuovi e talvolta brutti, come griffati - mescolano storie ed umori, colori, tessuti e vissuti eterogenei in un quadro multietnico screziato di umanità.
Tute da lavoro, camicioni fiorati o vestitini all'ultima moda, jeans e camicie, magliette, scarpe e foulard: chiunque può entrare per curiosare tra i panni, e tutti sono i benvenuti. C'è il tempo di rovistare con calma e disfare le torri di magliette impilate (che poi tocca pazientemente ricomporre ai ragazzi che vi lavorano dentro, per cui abbiate un occhio di riguardo!), di scambiare due parole o di aspettare che arrivi l'ora del rancio; non è raro sentir disquisire, in mezzo agli stand, di filosofia o politica, di teatro e di mezze stagioni che non sono più quelle di una volta, e già solo per questo io credo che varrebbe la pena di spingere avanti, almeno una volta, il cristallo della porta che divide la bottega dal resto del borgo.

Non esistono clienti, ma fratelli che non hanno razza e che spesso hanno pochi soldi da spendere; per questo, tutti entrano accolti dallo stesso sorriso e tornano, contenti, in un luogo ove l'unica moneta corrente è il rispetto, e la dignità che non teme la svalutazione dei canoni sociali rigidamente imposti da questo Governo per cui se non hai la macchina e la firma giusta sul taschino sei automaticamente out.
Le differenze non vengono ignorate, né smussate a forza di pericolosi tentativi di omogeneizzazione, ma accolte e rispettate: entrano spesso anziane genovesi, donne musulmane, uomini magrebini, italiani, indiani o rumeni che condividono, serenamente, la loro ricerca di abiti con le graziose e le princese che lavorano nella parallela via della Maddalena; nessuno sguardo torvo, sospiro o mugugno di riprovazione, e l'unico sottofondo è il fruscio dei vestiti sovrapposti per provare le taglie.

La bottega Ciacchi non è un paradiso, ma un esempio di pacifica convivenza; qualcuno paga in cambio merce con tre rose che non è riuscito a piazzare in giro per le vie del centro, altri entrano solo per far due parole e non sentir sulla pelle i graffi della solitudine; per tutti vestirsi con gli abiti smessi da qualcun altro è anche un modo, risparmiando, di indossare anche l'altrui saggezza, e forse pro-seguire con un pizzico di coraggio in più il cammino del proprio destino.