
Non so se ci siano un paio di mani stanche a preparargli il pranzo e la cena, ma Lui, puntuale, alle nove del mattino timbra il cartellino della malinconia e si siede sul gradino del negozio. Un cappello a tesa larga e le tasche sformate dai luoghi comuni, aspetta che l'enoteca apra i battenti: "E' un bravo ragazzo, e non capisce un cazzo" - esordisce cavalcando un accento ibrido e salmastro, con la trama siciliana e l'ordito genovese; il gilet da pescatore gli aderisce ai fianchi scarni, vuoto nelle tasche come quei proverbi che snocciola fino alla mezza, quando l'oste affamato non lo spedisce, assieme alla sua solitudine, ad altra destinazione. 0,60 al bicchiere, e un rosario di "gianchetti" da sgranare tra i colleghi; sono una mezza dozzina, zoccolo duro della dimenticanza, età media settant'anni, ma ognuno potrebbe valerne di più; canutezza e leggeri tremori, ridondanze e sguardi opachi; dietro le lenti spesse scorre la percezione dilatata del tempo che non passa mai, o che forse è trascorso troppo in fretta, e che ora si allarga come una chiazza d'olio in giornate tutte uguali a se stesse. Non c'è attualità, e i giornali restano una desueta alternativa alla segatura sparsa in terra; nelle pozzanghere delle ore il lunedì è uguale alla domenica, se non fosse per quella saracinesca abbassata che significa esilio. Per questo, all'inizio della settimana, i vecchi dimenticati sono gli unici a sorridere: tornano ad esistere, a quella routine che significa altri occhi, abitudini e scazzi da copione, da recitare fedelmente fino al sabato, come se ognuna fosse l'ultima replica. E forse per qualcuno lo è anche, ma in fondo... chi se ne accorge? Che l'odore del pane sia con voi, insieme allo spirito a dieci volumi.
|