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Quattro amici e un bar (2)

17 ottobre 2010 Quattro amici e un bar

bar_igeaUN’ ENTRENEUSE ALL’ ORCHIDEA
Uno di questi locali notturni era l’Orchidea e si trovava in via Casaregis, ai numeri 30, 32 e 34 rossi. Bastano quattro passi verso il mare, sullo stesso lato del vecchio bar Igea, per individuare il locale, oggi “Nuova Orchidea”. A un’ entraineuse dell’Orchidea, un Luigi Tenco ormai decisamente meno squattrinato e più smaliziato avrebbe dedicato Mi sono innamorato di te il cui testo, alla luce (soffusa) di questa rivelazione di Giuliano Crisalli, risulta meno ermetico.

COME PRIMA, PIU’ DI PRIMA

In certe sue parti sembra rimasto come allora, il quartiere della Foce. È così per la “piazzetta”, posto delle fragole o via Pal, più prosaicamente lo spartitraffico alberato di via Cecchi nel tratto fra via Martiri della Libertà, via Rimassa e via Casaregis. Ci sono ancora le panchine sulle quali amici e futuri cantautori – di lì a breve anche Bruno Lauzi sarebbe entrato nel gruppo, quindi Gino Paoli che si ritrovò compagno di scuola di Luigi, e saltuariamente Fabrizio De André – trascorrevano pomeriggi e serate, spesso a provare e riprovare i pezzi proposti da un musical che avevano visto al cinema Aurora, proprio di fronte al baretto: «Bisogna fare un salto di qualche anno, all’epoca in cui era esplosa in tutti noi la passione per la musica. Passione che ci era stata inoculata da quei dischi di musica jazz che il papà di Danilo Dégipo, un portuale, faceva arrivare a casa. E casa Dégipo, sempre in via Cecchi, al numero 11, era un altro ambiente molto ospitale insieme a casa Reverberi.» racconta Ruggero Coppola «C’è un particolare, tutt’altro che trascurabile: «Eravamo gli unici a possedere un pianoforte e un giradischi.» commenta al proposito Dégipo: «Per quanto riguarda il giradischi, sempre mio padre era riuscito a recuperare la meccanica, noi costruimmo il mobiletto. Era un impianto con i dischi “a cascata”.»
Pianoforte di casa a parte, gli strumenti degli estemporanei complessini lasciavano a desiderare. C’erano il clarinetto incerottato di Tenco, il bel banjo di Lauzi – che stava bene di famiglia – mentre: «La mia batteria era un insieme di sedie» conclude Dégipo. «Più che uno strumento sembrava una scenografia di Ionesco.»
E c’erano i pezzi da suonare. Pezzi che soprattutto Tenco, dotato di straordinaria memoria ed eccezionale orecchio, riusciva a riprodurre per primo dopo averli ascoltati magari una sola volta. Andava così con i dischi che sbarcavano a casa Dégipo, andava così in particolare con i musical. «Entravamo al cinema Aurora nel primo pomeriggio, uscivamo che era buio» conferma Coppola.
Lauzi ricorda che si entrava forzando le entrate laterali con un coltellino. Famiglia agiata o no, anche lui, come tutti i giovani di allora, aveva poche lire in tasca.
TRAGEDIE DI GUERRA E DI PACE
E c’era l’altro bar, della piazzetta. Il bar Ape, all’angolo fra via Cecchi e via Rimassa, oggi bar Molinaro. Il barman era uno famoso: Manlio Bacigalupo, portiere del Genoa, che dovette rinunciare ai mondiali del 1938 per un infortunio.
«Il figlio di Manlio, Sergio, era insieme a Luigi l’altro mio grande amico d’infanzia.» precisa Coppola «Legato a lui ho però un ricordo terribile: eravamo “lì” quella sera del 4 maggio 1949, quando arrivò la notizia che lo zio di Sergio, Valerio, il portiere del Grande Torino, era morto a Superga. Piangevamo tutti, alla Foce: parenti, amici, estranei.»
Bruno Lauzi si unì “dopo” alla compagnia: «Lui frequentava casa Rimassa, al numero 1 di via Ruspoli, angolo via Casaregis. «Era amico di Adriano Rimassa, fratello di Alessandro, partigiano ucciso proprio alla vigilia della liberazione, al quale venne intitolato il tratto finale di corso Torino.»
Non ha cambiato casa, Adriano Rimassa, che stenta ancora oggi a rievocare la morte del fratello: «Con altri suoi compagni prese d’assalto villa Gruber, dove erano di stanza i tedeschi. Una sentinella lo vide e gli sparò: c’è ancora la garitta, vicino all’albero dove era appostato Alessandro.»

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