UN’ ENTRENEUSE ALL’ ORCHIDEA
Uno di questi locali notturni era l’Orchidea e si trovava in via Casaregis, ai numeri 30, 32 e 34 rossi. Bastano quattro passi verso il mare, sullo stesso lato del vecchio bar Igea, per individuare il locale, oggi “Nuova Orchidea”. A un’ entraineuse dell’Orchidea, un Luigi Tenco ormai decisamente meno squattrinato e più smaliziato avrebbe dedicato Mi sono innamorato di te il cui testo, alla luce (soffusa) di questa rivelazione di Giuliano Crisalli, risulta meno ermetico.
COME PRIMA, PIU’ DI PRIMA
Pianoforte di casa a parte, gli strumenti degli estemporanei complessini lasciavano a desiderare. C’erano il clarinetto incerottato di Tenco, il bel banjo di Lauzi – che stava bene di famiglia – mentre: «La mia batteria era un insieme di sedie» conclude Dégipo. «Più che uno strumento sembrava una scenografia di Ionesco.»
E c’erano i pezzi da suonare. Pezzi che soprattutto Tenco, dotato di straordinaria memoria ed eccezionale orecchio, riusciva a riprodurre per primo dopo averli ascoltati magari una sola volta. Andava così con i dischi che sbarcavano a casa Dégipo, andava così in particolare con i musical. «Entravamo al cinema Aurora nel primo pomeriggio, uscivamo che era buio» conferma Coppola.
Lauzi ricorda che si entrava forzando le entrate laterali con un coltellino. Famiglia agiata o no, anche lui, come tutti i giovani di allora, aveva poche lire in tasca.
«Il figlio di Manlio, Sergio, era insieme a Luigi l’altro mio grande amico d’infanzia.» precisa Coppola «Legato a lui ho però un ricordo terribile: eravamo “lì” quella sera del 4 maggio 1949, quando arrivò la notizia che lo zio di Sergio, Valerio, il portiere del Grande Torino, era morto a Superga. Piangevamo tutti, alla Foce: parenti, amici, estranei.»
Bruno Lauzi si unì “dopo” alla compagnia: «Lui frequentava casa Rimassa, al numero 1 di via Ruspoli, angolo via Casaregis. «Era amico di Adriano Rimassa, fratello di Alessandro, partigiano ucciso proprio alla vigilia della liberazione, al quale venne intitolato il tratto finale di corso Torino.»
Non ha cambiato casa, Adriano Rimassa, che stenta ancora oggi a rievocare la morte del fratello: «Con altri suoi compagni prese d’assalto villa Gruber, dove erano di stanza i tedeschi. Una sentinella lo vide e gli sparò: c’è ancora la garitta, vicino all’albero dove era appostato Alessandro.»